La senescenza cellulare non è un
banale invecchiamento delle cellule. Piuttosto, si tratta di una particolare
tipologia di risposta della cellula, indotta da una condizione di stress
critica, che consiste nell'arresto definitivo della proliferazione e nella
produzione di una serie di segnali chimici nell'ambiente circostante.
Questa risposta si può attivare a
seguito dell’accorciamento dei
telomeri
(senescenza replicativa), di un aumento eccessivo ma “non-letale” di danni ossidativi
(senescenza indotta da stress ossidativo), di un aumento di danni al DNA
(senescenza indotta da danni al DNA), di un aumento di espressione di
oncogeni (senescenza indotta
da oncogeni) e a seguito di altri segnali di cui non mi dilungherò a parlare.
Secondo quanto siamo riusciti a
comprendere, la senescenza cellulare serve a proteggerci dai tumori, aiuta la
riparazione e lo sviluppo dei tessuti e contrasta alcuni tipi di infezioni. In
condizioni normali, le cellule senescenti appaiono per un breve periodo di
tempo e poi vengono rapidamente rimosse dal sistema immunitario. Tuttavia, se
il numero di cellule senescenti aumenta in modo eccessivo in un tessuto, i
segnali biochimici generati da queste cellule compromettono la funzione del
tessuto, ne accelerano la degenerazione e possono addirittura favorire l’insorgenza di ulteriori tumori. Questo
è il fenomeno che osserviamo durante l’invecchiamento o dopo un trattamento intensivo
con chemio- o radio-terapia.
Per poter far fronte a questo
problema, si sta cercando di sviluppare dei farmaci che sono in grado di
eliminare selettivamente le cellule senescenti dai tessuti. Questi farmaci o
composti prendono attualmente il nome di “
senolitici”. A fine pagina troverete quelli che, secondo me, sono stati i progressi storici più rilevanti finora nello sviluppo dei senolitici.
Dopo questa breve introduzione all'argomento, vediamo qual'è il vero "focus" di questo post.
A fine agosto di quest’anno è uscito un interessante lavoro sul
tema “senescenza cellulare e senolitici”, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature
Medicine” dal gruppo di James Kirkland (Mayo
Clinic, Rochester, MN, USA), cui hanno partecipato anche numerose altre Università
e Istituti degli USA e UK (1).
In questo lavoro è stato
dimostrato che la somministrazione di un senolitico (in tal caso il cocktail di
dasatinib e
quercetina) effettuata una sola
volta ogni due settimane, in topi di 24-27 mesi di età (topi di età
paragonabile a un uomo di circa 75 anni), rimuove gli effetti deleteri dell’accumulo
di cellule senescenti migliorando la funzionalità fisica, contrastando la
fragilità e allungando la vita media
degli animali del 36% (per un topo di 24 mesi non trattato la sopravvivenza
media è di 140 giorni, mentre i topi trattati con senolitici mostravano una
sopravvivenza media di 190 giorni). Al contrario, un trapianto di cellule
senescenti nei tessuti di topi riduceva la longevità degli animali, quasi come se
avvenisse una specie di accelerazione del processo di invecchiamento.
Ma la cosa più interessante di
questo lavoro è che l’aumento di longevità dovuto al senolitico e l’accorciamento
di longevità dovuto al trapianto di cellule senescenti non sono riconducibili
ad un effetto su una singola patologia associata all'invecchiamento. Piuttosto
sembra che tutte le patologie età associate vengano ritardate o accelerate se,
rispettivamente, si rimuovono o si aumentano le cellule senescenti nei tessuti.
Questi risultati rafforzano quindi l’ipotesi che agendo sui meccanismi fondamentali
del processo di invecchiamento (come la senescenza cellulare) tutte le
patologie età associate vengono ritardate senza che una di esse sia
predominante.
Va tenuto in considerazione che
sono necessari ulteriori studi preclinici per confermare e studiare eventuali
effetti avversi dei senolitici, soprattutto in previsione di un futuro utilizzo
nell'uomo. Sono comunque già in fase sperimentale clinica alcuni senolitici per
il trattamento di particolari condizioni (quali le disfunzioni renali croniche)
che potranno confermarci o meno se questi trattamenti possono essere sicuri e
efficaci nell'uomo o se la strada verso la loro eventuale traslazione all'uomo
è ancora molto lunga o addirittura impraticabile.
Breve storia dello
sviluppo dei senolitici
1961 – Leonard Hayflick e Paul Moorhead
descrivono per la prima volta il fenomeno della senescenza replicativa (2)
1962-2007 – Tantissime scoperte (troppe
per elencarle) su come viene indotta la senescenza cellulare, su ciò che producono
le cellule senescenti e ulteriori evidenze dell’accumulo di cellule senescenti nell'invecchiamento
e nelle patologie età associate
2008 – Aubrey de Grey e Michael
Rae propongono, nel loro libro “Ending Aging”, l’idea di sviluppare composti
che possano selettivamente eliminare le cellule senescenti per contrastare l’invecchiamento
(3).
2011 – Darren Baker e Jan van
Deursen (insieme a numerosi altri collaboratori) forniscono la prima
dimostrazione che la rimozione di cellule senescenti (effettuata attraverso la
creazione di un
topo transgenico
portatore di un “gene killer” attivabile solo nelle cellule senescenti)
rallenta l’invecchiamento in topi affetti da invecchiamento precoce (4)
2013 – Jan Dorr (insieme a
numerosi altri collaboratori) dimostra che è possibile eliminare selettivamente
alcuni tipi di cellule senescenti agendo con composti che possono interferire
sulle loro specifiche alterazioni metaboliche (5)
2015 – Yi Zhu e James Kikland (insieme
a numerosi altri collaboratori) identificano alcuni composti (tra cui il mix di
dasatinib e quercetina) in grado di uccidere selettivamente le cellule
senescenti e coniano per la prima volte il termine “senolitico” (6)
2016 – Darren Baker e Jan van
Deursen (insieme a numerosi altri collaboratori) forniscono la dimostrazione
che la rimozione di cellule senescenti (sempre con la tecnica del “gene killer”
su topo transgenico) allunga la vita in salute anche in topi normali (7)
2016 – Jianhui Chang e Daohong
Zhou (insieme a numerosi altri collaboratori) identificano un nuovo composto
con azione senolitica (
Navitoclax
o ABT-263) che attraverso la rimozione delle cellule senescenti sembra in grado
di ringiovanire il comparto delle staminali ematopoietiche (8)
2016 – Bennett Childs, Jan van Deursen
e Judith Campisi (insieme a numerosi altri collaboratori), attraverso l’utilizzo
di particolari topi transgenici (topi p16-3MR, in cui è possibile visualizzare
e rimuovere le cellule senescenti) dimostrano che la senescenza cellulare
promuove lo sviluppo e la progressione dell’arteriosclerosi, mentre la
rimozione delle cellule senescenti è di beneficio a tutti gli stadi della
patologia (9).
2017 – Ok Hee Jeon, Judith Campisi
e Jennifer Elisseeff (insieme a numerosi altri collaboratori), attraverso l’utilizzo
dei topi p16-3MR, dimostrano che la senescenza cellulare promuove l’artrosi e
che la rimozione locale delle cellule senescenti può offrire una nuova
opportunità terapeutica per questa patologia (10)
2017 - Mikolaj Ogrodnik, Thomas
von Zglinicki e Diana Jurk dimostrano che la senescenza cellulare promuove l’accumulo
di grasso epatico e la
steatosi associata all'invecchiamento e che la rimozione
delle cellule senescenti può offrire una nuova opportunità terapeutica per
questa patologia (11)
2017 – L’eliminazione delle
cellule senescenti attraverso mezzi genetici o farmacologici aiuta a prevenire
l’osteoporosi nel topo (12)
2017 – Allo “Scripps Research Institute”
(USA) in collaborazione con la Mayo Clinic (USA) viene identificata una nuova
classe di senolitici che agisce inibendo proteine coinvolte nella risposta allo
stress (13)
2017 – Un gruppo di ricerca a prevalenza
olandese identifica una proteina (FOXO4) che interagendo con il p53 impedisce
alle cellule senescenti di andare incontro a morte cellulare. I ricercatori
hanno anche sviluppato un peptide (FOXO4-DRI) che attraversa la membrana
cellulare e impedisce l’interazione tra FOXO4 e p53 risultando nell'induzione
di morte cellulare solo nelle cellule senescenti (14).
2018 – Un gruppo di ricerca
giapponese rivela che la senescenza cellulare promuove l’enfisema polmonare e
che l’eliminazione delle cellule senescenti protegge i topi da questa patologia
(15)
2018 – La dimostrazione che il
trattamento con senolitici in età avanzata contrasta la fragilità e allunga la
vita media dei topi mentre il trapianto di cellule senescenti ottiene effetti
opposti (1).
2018 – Alcuni ricercatori della
Mayo Clinic, tra i quali Darren Baker, forniscono la prima evidenza che la rimozione
delle cellule senescenti in un modello murino di neurodegenerazione (mediato
dall'aggregazione della proteina tau, le cui alterazioni sono coinvolte nell'Alzheimer
e numerose altre neuropatologie) riduce la patologia e il declino cognitivo (16).
Referenze
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Weigand BM, Palmer AK, Weivoda MM, Inman CL, Ogrodnik MB, Hachfeld CM, Fraser
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Ikeno Y, Cubro H, Garovic VD, Hou X, Weroha SJ, Robbins PD, Niedernhofer LJ,
Khosla S, Tchkonia T, Kirkland JL. Senolytics improve physical function and increase lifespan in old age. Nat
Med. 2018;24:1246-1256. doi: 10.1038/s41591-018-0092-9
2. Hayflick L, Moorhead PSS. The serial
cultivation of human diploid cell strains. Exp Cell Res. 1961;25:585–621. doi:
10.1016/0014-4827(61)90192-6
3. De Grey
ADNJ, Rae M. Ending aging : the rejuvenation breakthroughs that could reverse
human aging in our lifetime. St. Martin’s Griffin 2008.
4. Baker DJ,
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Hummel M, Keller U, Buck AK, Dörken B, Willmitzer L, Reimann M, Kempa S, Lee S,
Schmitt CA. Synthetic lethal metabolic targeting of cellular senescence in
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6. Zhu Y,
Tchkonia T, Pirtskhalava T, Gower AC, Ding H, Giorgadze N, Palmer AK, Ikeno Y,
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