I meccanismi fondamentali
dell’invecchiamento sono ancora in parte un mistero. Tuttavia, i danni che
subiscono le nostre macromolecole, quali proteine e DNA, sono sicuramente tra i
più importanti candidati per comprendere la diminuzione di vitalità e l’aumento
di vulnerabilità che caratterizzano l’invecchiamento.
I danni di carattere ossidativo,
quali quelli causati dai radicali liberi, non sono l’unica tipologia di danno
che può subire il nostro DNA e, recentemente, la possibilità che i radicali
liberi possano giocare un ruolo primario nell'invecchiamento è stata messa
ampiamente in discussione.
Al contrario, sta assumendo
sempre più rilevanza il ruolo che possono assolvere gli elementi trasponibili
nell'accumulo di danni associato all'invecchiamento. In genetica si dicono elementi
trasponibili (anche chiamati trasposoni) quegli elementi genetici
che sono in grado di ''saltare'' (jumping
genes) da una localizzazione cromosomica a un'altra. La mobilitazione e
successiva inserzione dei trasposoni in una nuova zona del DNA può causare un
danno significativo alla cellula. Infatti, l’inserimento può avvenire
all'interno di una sequenza di DNA che codifica per una proteina o che ne
regola l’espressione causando disfunzioni cellulari o addirittura una
trasformazione neoplastica (un processo in seguito al quale una cellula normale
si trasforma in una cellula tumorale). Esistono differenti tipi di trasposoni,
alcuni creano delle copie di sé stessi che poi migrano in altre zone del DNA (una
specie di meccanismo “copia e incolla”) mentre altri non si replicano ma
possono “saltare” e migrare direttamente. In entrambi i casi, le conseguenze di
un aumento della loro attività possono essere estremamente deleterie per le
nostre cellule. La presenza di danni dovuti alla mobilitazione di trasposoni è
stata documentata durante l’invecchiamento di numerose specie (1-3).
Si potrebbe pensare che questi
elementi siano particolarmente rari nel nostro genoma, ma vi sorprenderà sapere
che circa il 45 % del nostro DNA è costituito da elementi trasponibili. Una
parte di essi è altresì integrata in funzioni di regolazione di altri geni.
È per questo motivo che le nostre
cellule, così come quelle di altri organismi, sono equipaggiate con dei
sofisticati sistemi di difesa deputati a tenere sotto controllo e a reprimere
l’attività dei trasposoni. Il maggior sistema di difesa contro la mobilitazione
dei trasposoni è costituito da piccoli RNA denominati Piwi-interacting
(piRNA). I piRNA interagiscono con le proteine Piwi formando dei complessi
capaci di silenziare l’espressione dei retrotrasposoni. La maggior parte dei
piRNAs sono infatti antisenso alle sequenze di trasposoni, suggerendo che i
trasposoni sono il bersaglio dei piRNA. Non è ancora chiaro come i piRNA siano
prodotti, ma è certo che la loro biogenesi è diversa da quella sia dei miRNA che dei siRNA.
Nonostante questo, è noto che l’attività dei
trasposoni aumenta con l’invecchiamento e l’accumulo di danni al DNA ad essi
associato è stato dimostrato in diverse specie.
Uno dei modelli più importanti in
biogerontologia è quello degli insetti sociali
(termiti, formiche, vespe e api) perché all’interno della colonia esistono delle
grandi disparità in longevità nonostante gli insetti abbiano lo stesso identico
genoma. Per esempio, all’interno di un alveare l’ape regina può vivere fino a 5
anni, mentre le api operaie hanno una durata della vita di appena un mese. La
più grande differenza si osserva nelle termiti dove gli individui addetti alla
riproduzione vivono fino a 30 anni mentre le operaie hanno una vita 10 volte
più corta. È proprio in una specie di termiti, Macrotermes bellicosus, che è stata fatta recentemente una scoperta
importante per aiutarci a definire il ruolo dei trasposoni nell’invecchiamento
(4). In questa specie la longevità degli
individui riproduttori è di 20 anni contro i pochi mesi delle operaie. Poiché i
riproduttori e le operaie sono geneticamente identici, la loro differenza in
longevità deve essere spiegata attraverso differenze nella espressione dei geni
che avviene durante lo sviluppo o la vita adulta. Analizzando l’espressione
genica (l’RNA) di questa specie di termite nel corso dell’invecchiamento,
Elsner e i suoi colleghi hanno trovato che l’espressione dei trasposoni aumenta
in modo considerevole con l’invecchiamento e che questo aumento non avviene
negli individui deputati alla riproduzione (re e regine). Ma la cosa più
interessante del lavoro è che un meccanismo che agisce per amplificare i piRNA
(che come descritto precedentemente sono il maggior meccanismo di repressione della
mobilitazione dei trasposoni) è soppresso dall’invecchiamento nelle termiti operaie
mentre resta attivo negli individui riproduttori. Tale meccanismo, denominato “sistema
di amplificazione ping-pong”, era stato studiato precedentemente solo nelle
cellule germinali, mentre i ricercatori coinvolti in questo studio lo hanno esaminato
nei tessuti cerebrali di questi insetti.
Questi risultati suggeriscono che
la maggiore longevità dei re e delle regine delle termiti Macrotermes bellicosus è dovuta alla loro capacità di reprimere l’espressione
dei trasposoni; una capacità che si perde nelle termiti operaie. Va rilevato
che questa perdita non è stata osservata in tutti i tipi di operaie di questa
specie di termiti. Va inoltre rilevato che non è possibile sapere se questo
aumento di attività dei trasposoni sia la causa o la conseguenza di altri
fenomeni che avvengono nel corso dell’invecchiamento. Comunque, il lavoro apre
nuove prospettive sul ruolo dei trasposoni e dei piRNA nell’invecchiamento. La speranza
è anche che a partire da questa scoperta seguiranno altri lavori in differenti
tipi di insetti eusociali e soprattutto nei mammiferi con comportamento
eusociale, quali la talpa nuda, che sono caratterizzati da un’estrema longevità
(circa 30 anni) nonostante il loro peso corporeo sia comparabile a quello di un
topo (la cui longevità è di 2-4 anni).
E non finisce qui.
Alcune recentissime scoperte
riguardano il ruolo dei trasposoni nell’Alzheimer e in altre patologie
neurodegenerative. Due recentissimi lavori (5, 6) hanno infatti esaminato la
relazione tra l’espressione della proteina Tau (la cui iperfosforilazione è
strettamente associata alla malattia di Alzheimer) e l’attività dei trasposoni in
alcuni modelli di neurodegenerazione derivati dal moscerino della frutta (Drosophila Melanogaster) e in cervelli
post-mortem di individui affetti da morbo di Alzheimer. Ebbene, entrambi gli
studi concludono che un anormale espressione di proteina Tau nei modelli di
Drosophila è capace di attivare i trasposoni, probabilmente attraverso la de-condensazione
della cromatina e la soppressione di piwi e piRNA. Questo meccanismo, che appare conservato anche
dall’osservazione dei tessuti cerebrali umani, determina quindi un incremento
dell’instabilità genomica nelle regioni affette dalla patologia e potrebbe
essere alla base della morte neuronale e della neurodegenerazione che
caratterizza la patologia.
- De Cecco M, Criscione SW, Peterson AL, Neretti N, Sedivy JM, Kreiling JA. Transposable elements become active and mobile in the genomes of aging mammalian somatic tissues. Aging (Albany NY). 2013;5:867–883.
- Chen H, Zheng X, Xiao D, Zheng Y. Age-associated de-repression of retrotransposons in the Drosophila fat body, its potential cause and consequence. Aging Cell. 2016;15:542–552.
- Maxwell PH, Burhans WC, Curcio MJ. Retrotransposition is associated with genome instability during chronological aging. Proc Natl Acad Sci USA. 2011;108:20376–20381
- Elsner D, Meusemann K, Korb J. Longevity and transposon defense, the case of termite reproductives. Proc Natl Acad Sci U S A. 2018;115(21):5504-5509. doi: 10.1073/pnas.1804046115.
- Guo C, Jeong HH, Hsieh YC, Klein HU, Bennett DA, De Jager PL, Liu Z, Shulman JM. Tau Activates Transposable Elements in Alzheimer's Disease. Cell Rep. 2018;23(10):2874-2880. doi: 10.1016/j.celrep.2018.05.004.
- Sun W, Samimi H, Gamez M, Zare H, Frost B. Pathogenic tau-induced piRNA depletion promotes neuronal death through transposable element dysregulation in neurodegenerative tauopathies. Nat Neurosci. 2018 Aug;21(8):1038-1048. doi: 10.1038/s41593-018-0194-1.
Complimenti a Marco per la chiarezza con cui espone l'argomento, e per il fatto che mette in evidenza alcuni degli argomenti "di frontiera" sullo studio dei trasposoni nell'invecchiamento (mi riferisco in particolare al ruolo dei pi-RNA anche al di fuori della linea germinale, e alle alterazioni di densità della cromatina). Con articoli di questo tipo, precisi e completi di citazioni ma facili da leggere, questo blog può essere utile sia per chi lavora già su questi argomenti, sia per chi, da non specialista, vorrebbe saperne di più!
RispondiEliminaVeramente interessante.
RispondiEliminaI dati sperimentali non permettono ancora di affermare che la mobilitazione dei trasposoni sia LA causa dell’invecchiamento, ma l’individuazione di un meccanismo di arresto del fenomeno (proteina piwi e RNA piwi-interacting) fa ben sperare per la messa a punto di interventi atti a bloccare gli effetti deleteri “a valle” della mobilitazione dei trasposoni. Un perfetto esempio di come la comprensione di un meccanismo di invecchiamento e della sua modulazione risultino davvero utili per sviluppare interventi di prevenzione e cura delle malattie età-associate. Molto bene.
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