lunedì 8 luglio 2019

Il viroma e l’invecchiamento





Prendo spunto da un recente lavoro (1), una “review” per l’esattezza (ovvero una revisione della letteratura finalizzata all'aggiornamento su un determinato argomento), per introdurre un argomento che è stato ampiamente sottovalutato dalla biogerontologia ma che grazie alle nuove tecnologie sta emergendo in tutta la sua rilevanza e complessità. Mi riferisco in particolare al ruolo del viroma nell’invecchiamento.
Cos’è il viroma vi starete chiedendo? Ebbene, in termini semplicistici non è altro che l’insieme delle comunità virali che risiedono nel nostro organismo. Probabilmente avrete già sentito parlare di microbiota, termine che si riferisce non solo ai batteri ma a tutte le comunità di microorganismi (batteri, protisti, archea, funghi e virus) che vivono nel nostro organismo (n.b. non solo nell’intestino). Questo significa che il nostro corpo non è formato solo da cellule “umane” ma è piuttosto formato da una moltitudine di organismi che vivono in simbiosi. Se pensiamo solo ai batteri, considerate il fatto che in un uomo ci sono circa 30 trilioni di cellule e 39 trilioni di batteri (un trilione equivale a mille miliardi). In altre parole siamo formati da quasi un 50% di cellule umane e un 50% di batteri.
Non è quindi sorprendente che cambiamenti nel microbiota, solitamente studiato limitatamente alla sua componente batterica (batteriota), si associno a cambiamenti nello stile di vita e ad altri fattori ambientali, a malattie e perfino all’invecchiamento (2). Purtroppo la maggior parte degli studi è limitata a studi di tipo osservazionali, per cui una relazione di causa-effetto è difficile da estrapolare. Tuttavia, appare ragionevole pensare che gli effetti dei cambiamenti del microbioma sulla salute umana e sull’invecchiamento siano rilevanti. 
Se ci soffermiamo solo alle cellule del nostro organismo, sappiamo che generalmente il loro fato consiste nell’andare incontro a senescenza cellulare, ad apoptosi (morte cellulare) o a trasformazioni neoplastiche (i.e. diventano una cellula che può dare origine ad un tumore).  All’origine di questi fenomeni vi sono dei danni di varia natura che caratterizzano l’invecchiamento biologico. Fenomeni simili non possono essere esclusi anche per quel che riguarda il nostro microbioma ma le ricerche in questo campo sono ancora limitate.
Lo studio del viroma è ancora più complesso di quello dei batteri che formano il nostro organismo, infatti, i virus spesso non possiedono sequenze genetiche note (come nel caso delle sequenze dei geni ribosomiali utilizzate per i batteri) che consentono la loro identificazione. Il viroma dei mammiferi comprende virus che infettano le cellule eucariotiche (quelle che possiamo considerare le “nostre” cellule”), virus che infettano i batteri (batteriofagi) e gli archea (viroma degli archea) che fanno parte del nostro organismo e virus che sono ormai integrati nel nostro DNA o di quello dei nostri batteri (retrovirus endogeni, elementi virali endogeni e profagi). Tutti questi virus sono potenzialmente in grado di replicarsi e, in particolari casi o circostanze, di dare origine a fenomeni simili ad un’infezione.
Tali virus possono semplicemente cercare di sopravvivere all’interno del nostro organismo in forma latente fino a quando non si verificano le condizioni necessarie alla loro riattivazione. Molti di questi virus sono specializzati nell’evadere le difese del sistema immunitario e possono diversificarsi ed evolvere fino a sviluppare delle relazioni simbiotiche con le cellule e l’organismo che li ospita (3).
I virus del nostro viroma risiedono non solo nel DNA delle nostre cellule e dei nostri batteri, ma anche nelle mucose e possono persistere in diverse forme latenti in cellule neuronali, ematopoietiche, staminali, vascolari e probabilmente di qualunque altro tipo.
Le moderne tecniche di “next generation sequencing” hanno permesso di analizzare e pubblicare almeno in parte quella che è la composizione del nostro viroma in condizioni normali. Restano tuttavia ancora molte sequenze sconosciute che non sono riconducibili a quelle di virus o batteri noti e che fanno sospettare che il viroma sia molto più ampio di quello che conosciamo adesso.
Sono state identificate 109 (un miliardo) particelle virali per ogni grammo di contenuto del nostro intestino, 107 (10 milioni) particelle virali per ogni ml di urina e 105 (centomila) particelle virali per ogni ml del nostro sangue (4). La maggior parte dei virus che si trovano nell’intestino sono batteriofagi. Questi virus sono in grado di modulare le funzioni batteriche, ad esempio alterando la loro capacità di produrre tossine o la loro resistenza agli antibiotici. Se a questo aggiungiamo il fatto che la metà del nostro genoma è formata da elementi genomici mobili (trasposoni; vedi post relativo a questo argomento) che comprendono anche retrovirus endogeni (i.e. virus che hanno infettato i nostri antenati e si sono integrati nel nostro DNA) è più che mai ragionevole considerare un ruolo di primaria importanza del viroma nel processo di invecchiamento.

Cosa sappiamo finora (elenco solo alcuni degli aspetti conosciuti per non dilungare troppo il post):
  • I cambiamenti epigenetici che accompagnano l’invecchiamento determinano un processo di ipermetilazione focale e demetilazione generale. Quest’ultima può essere associata ad un aumento dell’attività dei trasposoni e di retrovirus endogeni (5).
  • L’attivazione di alcuni trasposoni, (in particolare LINE-1) oltre a aumentare il rischio di instabilità genomica determina l’attivazione di alcuni “pathways” (vedi post relativo all’argomento) che comportano un aumento dell’infiammazione cronica che accompagna l’invecchiamento (fenomeno noto come “inflammaging”) (6).
  • Per ciò che riguarda i retrovirus endogeni, sappiamo che, nonostante questi abbiano perso la loro capacità infettiva nel corso dell’evoluzione, possono essere coinvolti nella patogenesi di alcune malattie autoimmunitarie, nell’attivazione di linfociti B e T e nella carcinogenesi (7). Purtroppo i meccanismi non sono ancora chiari e tutto è complicato dal fatto che ci sono migliaia di retrovirus endogeni differenti con differente attività biologica. L’espressione di alcuni di questi aumenta nei campioni biologici prelevati da individui anziani, lasciando aperta la domanda se il declino immunitario o i cambiamenti epigenetici o altri processi sono coinvolti in questo fenomeno (8).
  • Altri virus, quali il citomegalovirus (CMV) possono persistere in forma latente nel nostro organismo e indurre cambiamenti deleteri nel sistema immunitario (9). Lo stesso è stato in parte dimostrato per diversi altri Herpes virus. A questo si aggiunge anche la recente scoperta che il titolo di Torque teno virus (TTV) nel sangue è associato alla mortalità nell’anziano (10).
  • Sappiamo che il viroma batterico oltre a modulare le funzioni del microbiota può anche interagire direttamente col nostro sistema immunitario. Particelle dei batteriofagi possono entrare in contatto con le cellule epiteliali e possono anche attraversare la mucosa intestinale o venire trasportate da cellule dendritiche e avere accesso sistemico (11). Alcune di queste particelle possono anche stimolare la produzione di citochine pro-infiammatorie e interagire a vari livelli col sistema immunitario (12).
  • Il viroma è talmente integrato nel nostro organismo che assolve funzioni importanti per la nostra salute. Il genoma dei batteriofagi può stimolare la produzione di interferone aiutandoci a proteggerci dall’infezione di altri virus (13). Le proteine prodotte dai batteriofagi possono proteggerci da infezioni batteriche di natura esogena (14).
  • Il nostro viroma influenza i geni e le proteine che producono le nostre cellule, incluse le cellule che non sono “infettate”, determinando quello che viene chiamato “imprinting trascrizionale mediato dal viroma” (3).
  • Le funzioni positive e negative che assolve il viroma sono ancora per gran parte inesplorate e probabilmente alcune di queste facciamo fatica ad immaginarle. Basti pensare come esempio (ma ce ne sono molti altri) che una proteina prodotta da batteriofagi che infettano i batteri degli afidi riesce a proteggere questa specie da larve parassite iniettatigli dalle vespe. 

Alla luce di queste evidenze e di quanto ancora non conosciamo mi viene da chiedere quale sia il reale contributo del viroma (e del microbiota) all’invecchiamento. Può essere talmente grande da risultare uno dei fattori primari oppure i cambiamenti del viroma sono per lo più un “riflesso” del decadimento del sistema immunitario? Quanto è rilevante la competizione tra i vari virus e batteri nel preservare la vitalità del nostro organismo? Seguendo il concetto dell’antagonismo pleiotropico non è difficile ipotizzare che si siano selezionate alcune funzioni del viroma che siano benefiche durante la nostra età riproduttiva e deleterie durate l’invecchiamento.
Come è possibile quantificare l’impatto del viroma nell’invecchiamento? È possibile generare un organismo (anche molto semplice) “epurato” da tutto il viroma e studiare il suo processo di invecchiamento?
E infine…..perché questo fenomeno è ancora così scarsamente considerato in biogerontologia?

Referenze
  1. Hurme M. Viruses and immunosenescence – more players in the game. Immunity & Ageing 2019;16:13
  2. Finlay BB, Pettersson S, Melby MK, Bosch TCG. The Microbiome Mediates Environmental Effects on Aging. Bioessays. 2019 Jun 3:e1800257.
  3. Virgin HW. The Virome in Mammalian Physiology and Disease. Cell 2014; 157:142-150.
  4. Zarate S, Taboada B, Yocupicio-Monroe M, Arais CF. Human virome. Arch Med Res. 2017;48:701–16.
  5. Brunet A, Berger SL. Epigenetics of aging and aging-related disease. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2014 Jun;69 Suppl 1:S17-20
  6. De Cecco M, Ito T, Petrashen AP, Elias AE, Skvir NJ, Criscione SW, Caligiana A, Brocculi G, Adney EM, Boeke JD, Le O, Beauséjour C, Ambati J, Ambati K, Simon M, Seluanov A, Gorbunova V, Slagboom PE, Helfand SL, Neretti N, Sedivy JM. L1 drives IFN in senescent cells and promotes age-associated inflammation. Nature. 2019 Feb;566(7742):73-78
  7. Katoh I, Kurata S. Association of endogenous retroviruses and long terminal repeats with human disorders. Front Oncol. 2013;3:234
  8. Subramanian RP, Wildschutte JH, Russo C, Coffin JM. Identification, characterization, and comparative genomic distribution of the HERV-K (HML-2) group of human endogenous retroviruses. Retrovirology. 2011;8:90
  9. Jackson SE, Redeker A, Arens R, van Baarle D, van den Berg SPH, Benedict CA, Čičin-Šain L, Hill AB, Wills MR. CMV immune evasion and manipulation of the immune system with aging. Geroscience. 2017 Jun;39(3):273-291
  10. Giacconi R, Maggi F, Macera L, Pistello M, Provinciali M, Giannecchini S, Martelli F, Spezia PG, Mariani E, Galeazzi R, Costarelli L, Iovino L, Galimberti S, Nisi L, Piacenza F, Malavolta M. Torquetenovirus (TTV) load is associated with mortality in Italian elderly subjects. Exp Gerontol. 2018 Oct 2;112:103-111
  11. De Vlaminck I, Khush KK, Strehl C, Kohli B, Luikart H, Neff NF, Okamoto J, Snyder TM, Cornfield DN, Nicolls MR, Weill D, Bernstein D, Valantine HA, Quake SR. Temporal response of the human virome to immunosuppression and antiviral therapy. Cell. 2013 Nov 21;155(5):1178-87
  12. Duerkop BA, Hooper LV. Resident viruses and their interactions with the immune system. Nat Immunol. 2013 Jul;14(7):654-9
  13. Mori K, Kubo T, Kibayashi Y, Ohkuma T, Kaji A. Anti-vaccinia virus effect of M13 bacteriophage DNA. Antiviral Res. 1996 Jun; 31(1-2):79-86.
  14. Barr JJ, Auro R, Furlan M, Whiteson KL, Erb ML, Pogliano J, Stotland A, Wolkowicz R, Cutting AS, Doran KS, Salamon P, Youle M, Rohwer F. Bacteriophage adhering to mucus provide a non-host-derived immunity. Proc Natl Acad Sci U S A. 2013 Jun 25; 110(26):10771-6.

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